Saturday, September 15, 2007

Cementi di gloria. Reportage sugli US Open Series 2007. Introduzione.

Nonostante il forte commitment a livello editoriale e la dissennata ostinazione dell’autore nell’auto-proclamarsi cronista d’assalto, la presente opera è tutto fuorché un fedele reportage. Ovviamente i dialoghi riportati non sono stati registrati nè, conseguentemente, trascritti. Ciò ha richiesto all’autore duplice sforzo di ricordarne l’esatto contenuto e di contenere i frequenti tentativi di manipolazione, miranti ad abbellire o comunque a rendere più surreali frasi del tipo: “E intanto Roger Federer ha annullato due palle break e conduce quattro giochi a tre”. L’opera inoltre difetta di completezza e organicità, poiché alcune sezioni sono state per varie ragioni volutamente omesse, altre sono state tagliate in una seconda fase per non appesantire eccessivamente l’impianto del reportage. Gli accadimenti descritti e commentati, comunque, sono tutti realmente avvenuti, anche se di tanto in tanto l’autore si è concesso qualche libertà nel ridurre o nell’ampliare, a seconda dei casi, il numero dei protagonisti, essendo questo un suo diritto in quanto ex-allievo modello della scuola di scrittura creativa “John Barth” di Cesano Maderno.

Se l’idea della nonfiction vi procura l’orticaria, siete invitati a compiere le semplice operazione mentale di fingere che sia tutta una finzione. Fingete di trovarvi dinanzi ad una puerile pantomima, tramite la quale un cronista di serie B si improvvisa narratore. L’autore stesso vi propone di divertirvi – con la speranza che la cosa vi diverta - a far girare l’impercettibile chiavetta dell’immaginazione per cambiare nomi, luoghi, risultati dei match, vincitori dei tornei, in modo da rendere il tutto molto più adeguato al gusto personale e alle preferenze tennistiche di ciascuno di voi. Ad esempio se vi disturba il fatto che Roddick sia un giocatore vulnerabile o che Federer possa perdere da quel geniale moccioso di Djokovic, con quell’inguardabile marmotta che riposa sulla sua testa, sentitevi liberi di riscrivere la storia dei match che li riguardano. Se desiderate che Volandri vinca qualche partita sul cemento americano, non lesinate sul numero e sulla qualità del tennis giocato. Dotate la Dementieva di una prima di servizio robusta, di difficile lettura, e di una seconda molto lavorata, con effetto a uscire.

Sottoponete la Jankovic allo stesso trattamento utilizzato per la tennista moscovita e, giacchè ci siete, rimuovete dalla sua parte destra (o sinistra?) del cervello il complesso d’inferiorità verso Justine Henin. Enfatizzate i C’Mon di Hewitt o glissate su di essi, a vostro piacimento. Siate creativi. Se non accettate il fatto che il Rexall Centre – sede degli Open del Canada femminili di Toronto - sia semi-deserto nel giorno delle semifinali, ponete pure l’accento sul tutto esaurito dell’impianto in quella data; in fondo state mentendo per il bene del Tennis. Osate. Se la notizia della conclusione della love story tra Martina Hingis e Radek Stepanek vi ha spezzato il cuore, non indugiate nell’ideare un happy end caramelloso che vede i due ricongiungersi dopo mille tormenti e qualche scivolone nel ranking. Naturalmente avete piena facoltà di cambiare anche il nome del protagonista, e farlo diventare, chessò, “il Sedicente Giornalista”, “Joe Cloroformio”, “Kolumnist”, “Repubblicano Newyorkese”, “Democratico dell’Oklahoma”, “Pancho il Sinistrorso”, “Salim la Locusta”, “Hugo lo Sciamano”.

Le menti più creative possono sfrondare le sezioni dedicate al tennis e dare al reportage un taglio più picaresco. Ad esempio, la parte dedicata all’analisi dell’arsenale dei colpi a rimbalzo di Vince Spadea può agevolmente essere omessa a favore del report di una notte infuocata trascorsa con una cameriera portoricana in motel di Redondo Beach. La digressione sul “favoloso mondo di Sania Mirza” può tranquillamente essere ridotta all’osso, per far posto ad un resoconto sulle leccornie gustate tra un inno nazionalista e l’altro all’interno di un accogliente ristorante basco (a conduzione familiare) sulla Mission Street, a San Francisco. Che senso avrebbe dilungarsi sul fragore del grugnito di Maria Sharapova o sulla discontinuità del rendimento del suo servizio quando vostro nipote intende render pubblico il suo diario su una fantasmagorica giornata trascorsa nel covo dei pirati del parco dei divertimenti di Legoland (a Carlsbad)?

Scacciate dalla mente ogni dubbio sulla qualità del vostro intervento e sull’eventualità che esso possa compromettere l’attrattività originaria dell’opera. L’autore vi assicura a priori sul fatto che esistono (e sono stati pubblicati) lavori di gran lunga, ma di gran lunga peggiori. Qualche esempio di micidiale boiata? La materia calcistica offre un vasto campionario di composizioni sconcertanti, tra le quali vale la pena di segnalare il saggio sulla moviola in campo e sul ripristino del sorteggio integrale (senza fasce) per la designazione dei direttori di gara, scritto da Giampaolo Parolai e il libro-inchiesta sulle notti brave dei calciatori italiani, prodotto del vulcanico ingegno di Mariano Julius De Oratiis (con allegato un cd-rom contenente un reportage fotografico di circa 400 scatti rubati alla movida pallonara), concluso con la prevedibile richiesta di azzeramento dei vertici della Lega e della FederCalcio e di contestuale nomina governativa di Presidenti a Amministratori di garanzia.

Se trovate convincente la rielaborazione dei contenuti, l’autore vi invita caldamente a non indugiare nell’opera di divulgazione, e vi propone di spedire una copia del manoscritto (o del floppy disk contenente la totalità delle modifiche apportate) al seguente indirizzo: 802 Arguello Street - San Francisco, CA 94118, o, in alternativa, di inviare il file contenente il testo riscritto in allegato – possibilmente privo di virus – ad una e-mail indirizzato a pricaldi@yahoo.com In segno di riconoscenza della vostra solerzia riceverete in cambio il Video-Backstage del reporatage, 25 minuti di adrenalina pura con sequenze mozzafiato la cui visione corroderà la vostra psiche. L’autore avra’ cura di assemblare l’intera produzione e si impegna fin da ora a pubblicare a sue spese un’opera collettanea dal titolo provvisorio “Rivisatazione romanzata del brogliaccio di Paolo Ricaldi sugli US Open Series 2007”. L’autore, infine, desidera ringraziare in anticipo quanti contribuiranno a migliorare gli aspetti tecnici e la qualità generale di questa sghemba ricostruzione di una stagione tennistica a dir poco memorabile.

CHIAVE DI LETTURA DEL REPORTAGE. Molti di voi converranno sul sillogismo in base al quale la spazzatura non potrà mai essere eletta a forma d’arte; l’egocentrismo è spazzatura; l’autocelebrazione mascherata da nonfiction è un’operazione subdola e priva di ogni dignità artistica.

ANTEFATTO. Nei mesi che precedettero la composizione di questo reportage, l’Autore ebbe un breve ma intenso scambio di battute con un certo Kenichi, per gli amici Ken o Kenny, iper-competente commesso di Amoeba Music – il negozio di dischi preferito da giovani e meno giovani alternativi californiani – che a San Francisco ha la sua logisticamente indovinatissima sede al 1855 di Haight Street, nel cuore del quartiere Haight-Ashbury, luogo simbolo della contro cultura americana. Kenny Yamamoto – l’Autore conosce anche il suo cognome perche’ viene da questi periodamente inondato di spamming sui nuovi arrivi e sulle hit del momento, il cui mittente per l’appunto è ken.yamamoto@amoeba.com - è lo stereotipo del figlio naturale della cosiddetta Generazione Z, cresciuta a pane, skateboard e tecnologia di largo consumo, che disprezza gli show nazional popolari come American Idol e si identifica nell’universo (microcosmo?) tratteggiato dai film di Kathryn Bigelow. Kenny incrociò l’Autore nel reparto vinili usati di Amoeba, mentre quest’ultimo curiosava tra i classici reggae dello Studio One, lo salutò e gli chiese come andava con i suoi articoli, cosa c’era di nuovo, se i giapponesi vinceranno mai un torneo dello Slam (da verificare). L’Autore disse che scrivere di tennis stava diventando maledettamente ripetitivo, che lo sport in quanto tale è troppo ancorato alla realtà e si presta poco a recepire le imbeccate della sua immaginazione e altre affermazioni non (in)degne di nota. Capisco disse il commesso, che indossava una trasparente, quasi priva di consistenza camicia bianca di batista, ma se fossi in te non mi preoccuperei affatto di quello che scrivo, di come lo scrivo e di chi lo legge. Tanto domani sarà tutto dimenticato e nulla sarà riparato. Wow! Grandioso, no? L’inebetito autore sorrise d’istinto ma subito dopo corrugò la fronte palesemente confuso: ignorava che il suo conoscente stesse citando Milan Kundera (lo Scherzo, 1969). Ad ogni modo quell’aforisma ebbe un efficacia più profonda, anche se differita nel tempo, poiché l’Autore, a distanza di tre mesi da quel simpatico siparietto, ripensò a quelle parole e a quell’aforisma, prima di accettare un offerta editoriale che gli venne presentata più o meno con le testuali parole: “vai, giri per tornei alla grande, torni e racconti quello che hai visto”.

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Terza di Copertina.

"Cementi di Gloria" è l'opera prima di Paolo Ricaldi, aka Mr. Pemulis, che nell'estate 2007 ha girato in lungo e largo i tornei di preparazione agli Us Open - il c.d. minicircuito chiamato Us Open Series - è tornato sano e salvo, anche se un po' intossicato di Tennis, e ci ha raccontato quanto visto, sentito e percepito nel Nuovo Mondo.
In questo reportage, che è un viaggio picaresco nel nordamerica, intorno al "vuoto" dello showbiz, l'autore alterna con grande potenza espressiva cronache sportive esilaranti, pagine di letteratura minimalista, storie surreali, incubi metropolitani abitati da personaggi dai nomi improbabili e aneddoti irresistibili; e lo fa utilizzando una vasta gamma di registri, che vanno dal comico al noir. Ne risulta un inno sghembo al tennis e alla vita in generale, che fa' di Ricaldi, la "next big thing" del panorama letterario mediterraneo.