Friday, September 28, 2007

Operazione US Open Series: ma quanto mi costi?

Una volta verificati orari, itinerari e prenotazioni, mi imbatto nel piatto forte del sito internet degli USOS: il regolamento, la cui lettura risulta rivelatrice dell’essenza dell’operazione, un’idea realmente seducente, concepita tra le pareti del sancta sanctorum del tennis americano. La Federazione americana – USTA che sta per United States Tennis Association – ha la nobile missione di evangelizzare al tennis un popolo che in genere predilige altri sport, un compito tuttaltro che semplice, in funzione del quale si è adoperata per indurre il maggiore numero di top player – quelli che invogliano gli spettatori a comprare i biglietti anche per i primi turni e soprattutto permettono agli organizzatori dei tornei di alzare la posta con gli sponsor – a giocare i tornei sul cemento americano. Nel tennis è guerra aperta tra le Federazioni e gli organizzatori di torneo per accalappiare a suon di dollari gli atleti simbolo. L’USTA, per vincere la concorrenza europea , ha deciso di concedere un bonus in denaro ai tennisti che raggiungono i migliori risultati nei tornei che preludono all’ultimo slam della stagione. Il bonus si riscuote con l’assegno staccato dagli organizzatori dello US Open, con il più classico dei meccanismi a incentivo: al vincitore di quella che impropriamente potremmo definire “regular season” , spetta un montepremi maggiorato di un importo che è agganciato al suo risultato a Flushing Meadows. Si va da minimo di 15mila bigliettoni di premio di consolazione, destinato a chi viene sbattuto fuori al primo turno di FM – non è un’ipotesi assurda, è successo con Roddick nel 2005 – al milione di dollari extra che viene scucito nel caso in cui il dominatore della prima fase dovesse imporsi anche nel torneo più importante d’America. Bonus meno sostanziosi spettano anche a chi occupa la seconda e la terza posizione nella graduatoria finale di questa maratona estiva. Il quadro sinottico degli incentivi in denaro viene rappresentato con una tabella.matrice 8X3, comprensibile e autoesplicativa:



Scorrendo la tabella con occhi da contabile si evince che il giochino degli US Open Series potrà costare a chi stacca l’assegno fino a 2.625.000 dollari di extra-premio in denaro, nel caso limite in cui il vincitore degli USOS sollevi il trofeo a New York, il secondo classificato nella race perda in finale dal primo e il terzo classificato chiuda la sua avvertura con una dignitosa semifinale nell’ultimo Slam dell’anno. $ 1.000.000 + $ 250.000 + $ 62.500 = $ 1.312.500 = l’importo massimo del bonus elargibile dalla Federazione statunitense per ciascuno dei tornei di singolare allo Us Open. Tale importo va naturalmente moltiplicato X 2, poichè è nei tornei dello Slam vige il regime di equal prize money, in sostanza le ragazze non vengono più discriminate nella distribuzione dei premi in denaro, con la scusa che non giocano tre set su cinque. Una precisazione doverosa: il cervellotico meccanismo appena descritto non si applica alla disciplina negletta del doppio. Il doppio è poco commerciabile, gli incentivi non funzionerebbero. Una condizione imposta dagli organizzatori ai tennisti: affinchè i punti cumulati nei tornei di prepazione allo showcase finale siano validi e utili ai fini del bonus, è necessario che gli atleti partecipino (e acquisicano punti bonus) ad almeno due tappe dello Us Open Series. Se uno come Roger Federer – che in carriera non ha mai giocato tornei sul cemento tra Wimbledon e l’Open del Canada - dovesse vincere a Montreal e disertare Cincinnati (o viceversa), per incamerare l’eventuale bonus messo a disposizione sarebbe costretto a partecipare al torneo di New Haven.Abbiamo anticipato che le classifiche finali dello USOS si formano sulla base dei punti guadagnati, che vengono distribuiti sulla base del “peso” dei tornei, applicanto il meccanismo illustrato dalla seguente tabella:


Come vedete, ai fini dell’extra premium non vale le legge di De Coubertin. Affinchè la partecipazione ad un evento abbia senso ai fini USOS, è indispensabile vincere quantomeno un paio di partite. Dalle entry list che ho sottomano, leggo che Justine è iscritta soltanto al torneo di Toronto. La numero uno al mondo ha un fisico gracile, per non dire logorato dai trilioni di palle giocate nella sua carriera. Per non rischiare di compromettere la salute gioca poco, tra Wimbledon e lo Us Open, ad esempio, si iscrive al massimo ad un torneo. Se così fosse nel 2007, anche vincendo l’Open del Canada, non avrebbe diritto al premio supplementare in denaro. E’ proprio su questo terreno che si gioca la sfida degli ideatori dello Us Open Series: l’allettante prospettiva di incassare un assegno extra da 1 milione di dollari indurrà gente come la Henin a impreziosire con la sua presenza il tabellone di almeno due tornei della summer hardcourt season? Nutro qualche dubbio a riguardo, per una serie di ragioni: a) i campioni in genere hanno una programmazione abbastanza rigida, molto curata nei dettagli e poco sensibile alle esigenze delle Federazioni; b) i campioni affermati sono così maniacalmente attenti a preservare la salute e a centellinare le energie (il caso Henin è paradigmatico), da diventare anche sordi al richiamo delle sirene dei petro-dollari in caso di rischio infortunio; c) lo Us Open Series non è l’unica strada per rimpinguare il bottino degli atleti simbolo, i percorsi alternativi sono meno più brevi, meno insidiosi e soprattutto non sono legati al risultato sportivo e quindi alla fatica e allo stress della solitudine del tour (sponsor, testimonial, eventi mondani: in questi casi la leva dei guadagni è il brand stesso del campione). Ma è forse meglio non anticipare le conclusioni. I conti e le valutazioni, li faremo alle fine. Sarà l’andamento e la conclusione del road trip nel nuovo mondo a dimostrarci, nei fatti, se l’operazione US Open Series sarà un successo – non solo commerciale - o si rivelerà una grande bolla di sapone.

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Terza di Copertina.

"Cementi di Gloria" è l'opera prima di Paolo Ricaldi, aka Mr. Pemulis, che nell'estate 2007 ha girato in lungo e largo i tornei di preparazione agli Us Open - il c.d. minicircuito chiamato Us Open Series - è tornato sano e salvo, anche se un po' intossicato di Tennis, e ci ha raccontato quanto visto, sentito e percepito nel Nuovo Mondo.
In questo reportage, che è un viaggio picaresco nel nordamerica, intorno al "vuoto" dello showbiz, l'autore alterna con grande potenza espressiva cronache sportive esilaranti, pagine di letteratura minimalista, storie surreali, incubi metropolitani abitati da personaggi dai nomi improbabili e aneddoti irresistibili; e lo fa utilizzando una vasta gamma di registri, che vanno dal comico al noir. Ne risulta un inno sghembo al tennis e alla vita in generale, che fa' di Ricaldi, la "next big thing" del panorama letterario mediterraneo.