Thursday, September 20, 2007

Allacciamo le cinture di sicurezza...(estratto da Cementi di Gloria)

Certo non è ai livelli della Img, ma la sezione del sito Internet della USTA dedicata agli Us Open Series è un chiaro esempio di ingegnosa promozione di un “non evento” sportivo. La promozione di un non evento – come una “sfida nella sfida” – e un’operazione non semplice, che richiede ben più di uno slogan di experiential marketing o di qualche altro ridicolo espediente comunicativo.
Il colore prevalente degli sfondi dei frame nelle pagine html è il blu, nelle sue gradazioni che vanno dalla tonalità acqua marina al blu navy, con una bella grafica, con i titoli in grassetto “16” bianco e giallo, con i testi corredati da foto e video dei top player colti in gesti tecnici esasperati o in momenti di relax. Aperta la pagina iniziale degli Us Open Series, si avvia in automatico la clip dell’evento, girata prevalentemente all’interno di un mega bus dello stesso color blu navy dei frame (che da ora in poi chiameremo blu Us Open Series) guidato da una serafica Serena Williams, con a bordo Roddick e Blake che giocano a black jack, i fratelli Bryan che cazzeggiano come adolescenti in gita scolastica, Maria Sharapova che per qualche secondo concede alla camera un sorriso disteso Lleyton Hewitt che adagiato su una poltroncina lancia il suo truce c’mon di sfida, Martina Hingis che indugia su un contenitore stracolmo di pop-corn, Nadal baldanzoso che mostra il bicipite; qualche inquadratura del centrale di FM e di Roger Federer che si adagia sul cemento dopo l’ultimo punto giocato nella finale del 2006, ed il gioco è fatto, un electro-choc d’intrattenimento della durata di 30 secondi. Una clip d’impatto, quasi contagiosa, che invoglia alla navigazione, con effetto inibente di eventuali domande razionali, del tipo “ma in cosa consiste questo US Open Series?”. Il bus-camper ha anche il suo slogan pretenzioso, stampato a caratteri cubitali sulla fiancata: “US Open Series: The greatest road trip in sports”.
Come ogni operazione commerciale che si rispetti, gli USOS hanno uno sponsor, il marchio Lever 2000 della Lever Faberge – il cui banner campeggia in alto a destra della home - che presenta la sua linea di saponi energizzanti alla Vitamina A, al ginseng o con estratti di Aloe, ideati appositamente per gli sportivi. C’e’ anche una sezione dedicata al merchandise che offre di tutto, dai borsoni alle visiere, dalle felpe al maxi poster del leggendario Andre Agassi, tutto rigorosamente griffato US Open Series.
Le sezioni propriamente informative sono tre: la descrizione dei tornei che formano il mini-circuito; il regolamento di quella che è a tutti gli effetti una sfida nella sfida (il non evento o meta-evento di cui sopra); e le classifiche che verranno aggiornate settimanalmente. Oggi siamo al 13 luglio, alla vigilia del primo di una serie di 13 tornei, e la mia attenzione si concentra sulla prima delle tre sezioni, al fine di verificare che date e luoghi coincidano con quelli risultanti dalle mie prenotazioni di aerei, auto e alberghi.
Il primo Torneo della Serie è a Los Angeles prende il via domani con le qualificazioni, e fin qui ci siamo perchè tra 16 ore parte il mio volo per la città degli angeli. E’ un torneo maschile, come tutti sapete, con montepremi di 525mila dollari, che quest’anno vanta un nuovo sponsor, il gruppo Countrywide Financial, ottava banca statunitense per dimensione dell’attivo patrimoniale . Nella settimana che va dal 16 al 22 luglio, Us Open Series non contempla tornei femminili. In realtà, un Torneo Wta è previsto dal calendario, quello di Cincinnati, ma è privo del rango minimo per poter essere inserito negli mini-circuito USOS . La settimana del 23 luglio prevede due eventi, l’Indianapolis Tennis Championships (torneo Atp da 525mila dollari) ed il Bank Of The West Classic (torneo Wta Tier II da 600 mila). In questo caso sono costretto a scegliere quale dei due seguire e la mia preferenza va al torneo femminile. Non che abbia qualcosa contro la città delle 500 miglia, ma Stanford University – che ospita il Bank Of The West – dista circa 55 km da San Francisco, il posto in cui vivo da sei anni ormai. E per sette giorni potrò fare il pendolare in auto, con il vantaggio di poter giostrare con gli orari quel tanto che serve ad evitare di percorrere la statale 280 nelle ore di punta. Il 30 luglio farò sfoggio delle mie stravaganti t-shirt da surfer a manica lunga in quel di Carlsbad, località della California meridionale che è sede dell’evento noto sotto il nome di Acura Classic (Wta Tier I da 1.340.000 dollari). Per raggiungere Carlsbad da Stanford, in principio avevo pensato di noleggiare un auto, ma il viaggio non è breve – sono più di 650 km – e guidare per ore solo come un idiota ascoltando le hit di Radio Kmel non è il massimo, per cui alla fine ho ripiegato sul volo 3156 America Airlines. Mi imbarcherò la mattina del 30 luglio dall’aereoporto Mineta di San Jose e raggiungerò San Diego in 90 fuggevoli minuti. Il tratto San Diego Carlsbad si copre in 40 minuti di soporifera guida da ragioniere con tre diottrie di miopia, ed in questo caso potrei concedermi l’extra budget di noleggiare una Ford Mustang per contemplare il distensivo panorama della North County sulla Statale 5, talmente vicina al Pacifico da lasciar intravedere non di rado stormi di pellicani. Quello che ha tutta l’aria di essere un confortevole soggiorno presso il La Costa Resort and Spa di Carlsbad mi terrà lontano dal compemporaneo torneo Atp di Washington. Dovrò al più presto farmene una ragione.
Il 6 agosto affronterò la tappa più lunga del Tour, passando dal tepore della brezza del Pacifico all’austerità del vento canadese di Montreal, per seguire il primo Masters Series di questo round trip nordamericano. 6 ore e mezza rinchiuso dentro un Airbus A320, più un ora di purgatorio nella sala d’attesa dell’aereoporto scalo di Detroit (non esistono voli diretti da San Diego a Montreal), per un totale di 3.989 km trasvolati, con conseguente cambiamento di fuso orario e di clima. La contestualità degli eventi mi obbligherà a disertare l’ultima tappa californiana di questa summer league, l’East West Bank Classic presentato da Herbalife (Wta Tier II da 600mila dollari), anch’esso in programma per il 6 agosto. Resterò in Canada fino al 20 del mese, anche se a partire dal 13 il contesto sarà mutato: dall’aspro teatro del fiero indipendentismo quebechiano, si passerà al raggelante ordine dei centri commerciali di Toronto, dove è di scena la Rogers Cup (Wta Tier I da 1.340.000 dollari). Il protrarsi della trasferta canadese preserverà la mia schiena malandata dallo straziante caldo umido del Mid West, in mezzo al quale ogni anno il Gotha del Tennis si contende il Masters Series di Cincinnati.

La mia avventura si concluderà la settimana del 20 agosto a New Haven, Connecticut, dove avrò la possibilità di seguire un evento combined, il Pilot Pen Tennis , presentato da Schick e ospitato dal Campus del blasonato ateneo di Yale. Da Toronto a New Haven, con scalo a Philadelphia: al prezzo stracciato di 256 dollari la US Airways non può offrirmi altro che un volo su un vecchio Boeing 737 serie -400, che sarà pure tecnologicamente arretrato rispetto all’Airbus A320, ma resta pur sempre un mezzo di trasporto aereo statisticamente efficace . Il vero problema sarà la levataccia o, più precisamente, la notte in bianco trascorsa a Toronto, poiché il volo US1907 per Philly decollerà alle 6.45 dall’aereoporto internazionale Pearson. Questo implica che dovrò essere in coda al check-in non più tardi delle 4 del mattino e che dovrò prenotare un taxi destinato all’aereoporto non oltre le 3.20.
San Francisco, Los Angeles, Stanford, Carlsbad, Montreal, Toronto,New Haven e ritorno a San Francisco, per un totale di 11.312 km di volo percorsi in sei settimane. All’avvio di Flushing Meadows sarò talmente nauseato dalla crapula di tennis, che ascolterò musica classica per almeno cinque ore al giorno per ritemprare l’udito a lungo tormentato dal pang della palla colpita nello sweet spot.

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Terza di Copertina.

"Cementi di Gloria" è l'opera prima di Paolo Ricaldi, aka Mr. Pemulis, che nell'estate 2007 ha girato in lungo e largo i tornei di preparazione agli Us Open - il c.d. minicircuito chiamato Us Open Series - è tornato sano e salvo, anche se un po' intossicato di Tennis, e ci ha raccontato quanto visto, sentito e percepito nel Nuovo Mondo.
In questo reportage, che è un viaggio picaresco nel nordamerica, intorno al "vuoto" dello showbiz, l'autore alterna con grande potenza espressiva cronache sportive esilaranti, pagine di letteratura minimalista, storie surreali, incubi metropolitani abitati da personaggi dai nomi improbabili e aneddoti irresistibili; e lo fa utilizzando una vasta gamma di registri, che vanno dal comico al noir. Ne risulta un inno sghembo al tennis e alla vita in generale, che fa' di Ricaldi, la "next big thing" del panorama letterario mediterraneo.