Thursday, February 15, 2007

Geometria, Power, Angoli e Internazionali di Bergamo.

La settimana che precede San Valentino il Trofeo Baci & Abbracci ci sta tutto. Scherzi a parte, dopo la cancellazione dello storico Torneo ATP di Palermo, il Challenger di Bergamo è diventato il secondo torneo italiano per montepremi in palio. Un Torneo ben organizzato, caratterizzato dalla varietà dei temi d’intrattenimento extra-sportivo e dalla leggerezza con cui essi vengono affrontati. Molto simile ad una kermesse americana, con animatori da villaggio che improvvisano gag tra un match e l’altro, con le hit musicali del momento pompate a tutto volume al cambio di campo (“Nuvole e Lenzuola” dei Negramaro è la più gettonata, con le cheerleader che eseguono le coreografie sul campo di gioco), con Maurizio Zamboni – uno dei postini di Maria De Filippi in “C’è posta per te” – nel ruolo di “Senior Speaker”, la voce ufficiale del Torneo, con gli studenti delle scolaresche invitati ad alzare lo sguardo verso il nostro meraviglioso sport. E all’interno di questa cornice c’è il Tennis giocato, con un parterre di protagonisti tanto eterogeneo quanto interessante. Qualcuno si è lamentato per le defezioni dell’ultim’ora di Bracciali (dolore alla spalla) e Seppi (influenza), ma a noi il tabellone è piaciuto molto, un sapiente mix tra veterani e giovani emergenti. I riflettori sono puntati sul grande vecchio Fabrice Santoro, giocatore assolutamente ininquadrabile secondo i canoni del tennis moderno, e su Simone Bolelli, giovane speranza dello “spaghetti Tennis”. L’hype della settimana è il giovanissimo lettone, Ernests Gulbis, gioiellino della scuderia di Nikki Pilic dotato di un potente servizio e di un chirurgico rovescio. In casa Pemulis la preferenza è caduta sul serbo Viktor Troicki, in compagnia del quale abbiamo deciso di seguire il torneo.
Viktor Troicki da Belgrado è l’esempio contemporaneo dell’ormai classico stile di gioco dell’attaccante da fondo campo: è veloce e destrorso e ha il rovescio a due mani, un servizio abbastanza goffo nella meccanica del gesto ma buono abbastanza per preparare l’attacco da fondo campo, e uno strabiliante gioco di gambe che gli permette di arrivare bene con i piedi sulla palla, di caricare il peso e di entrare sulla palla in anticipo, con il massimo dell’equilibrio, colpendola mentre sale. La prima di servizio di Troicki viaggia ad una velocità media di 190 km/h e la sua seconda è sui 165 km/h, ma ha un bel giro e rimbalza abbastanza alta e a uscire sul rovescio dell’avversario. Il movimento è particolare, con lancio di palla basso e schema motorio non troppo ampio, la velocità della palla sembra quasi interamente determinata dal braccio. I colpi a rimbalzo non sono particolrmente gradevoli sul piano estetico. Di decorativo c’è veramente poco: anche il palmo della mano si sinistra che si apre mentre Viktor colpisce la palla di dritto ha più che altro a che vedere con la meccanica del colpo, serve a bloccare la spanciata del bacino e permette di colpire con il massimo equilibrio. Il palmo aperto nel diritto è la cifra espressiva di molti professionisti al giorno d’oggi. Il rovescio è fluido e piatto – senza spin – ed è il colpo più efficace della gamma del serbo, forse perché giocato in una condizione di massimo equilibrio, con un finale che disegna angoli acuti ed ottusi con estrema facilità. Il tallone d’Achille é il diritto lungolinea, nel senso che Viktor non lo gioca praticamente mai e, nella ragnatela di colpi e sottostrategie che caratterizza il tennis professionistico, questo fatto determina un oggettivo vantaggio per l’avversario. Abbiamo avuto modo di assitere più volte alle sessioni di allenamento di Viktor Troicki. E’ un giocatore che, in piena corsa, riesce a indirizzare la palla con una precisione chirurgica a 22 metri di distanza. Riesce a far questo il più delle volte, anche quando è attaccato da uno che tira delle autentiche tranvate come Simone Bolelli. Ed è solo il n. 206 al mondo (n.179 alla fine del Torneo), uno a cui tocca giocare le qualificazioni nei Tornei ATP. L’aspetto più divertente di Troicki è il suo temperamento. Privo della flemma e dall’aria quasi annoiata di molti dei professionisti, Viktor è uno che si scalda facilmente - abbastanza incline allo sbotto parossistico e alle opinioni esplicite in campo - e non lesina occhiatacce crudeli ai giudici di linea. Tuttavia, nonostante i suoi limiti caratteriali e qualche ingenuità nella tattica, il Drugo Viktor arresta la sua corsa soltanto nella semifinale, persa di misura contro un non irresistibile Bolelli, dopo aver concesso le briciole a giocatori di categoria come Haase, Haehnel e Burgsmuller.
Quanto al Bolelli visto a Bergamo, il bolognese conferma la sua potenza di fuoco nei colpi a rimbalzo; se ha tempo sufficiente per preparare il colpo, il suo diritto è letale. Deve migliorare nel gioco di gambe – corre e cammina sui talloni –, e sul piano tattico: non si capisce come mai non segua a rete una prima scagliata ad oltre 200 km/h. Il servizio è ben collaudato, ma la risposta non è all’altezza del servizio. Mi spiego: da Agassi in poi, il power-baseliner V.I.P. è riconoscibile dall’avere nella risposta la parte più ispirata del suo gioco. E’ la risposta a fare la differenza. Una risposta anticipata e profonda, giocata da una posizione non troppo distante dalla linea di fondo, quasi ad aggredire la palla. Basta guardare i Top 10 o i Top 20: a parte qualche rara eccezione, hanno tutti una risposta straordinaria. Una buona risposta richiede un riflesso e una destrezza fuori dal comune, ma soprattutto una perfetta visione di palla, quella qualità impalbabile che consente al giocatore di stimare con un un colpo d’occhio velocità, angolo, rotazione e punto d’impatto sul campo di una palla tirata da oltre 20 metri a 200 km/h. Un anziano signore bergamasco – a proposito: la gente orobica è fantastica, cultura sportiva sopra la media - ci racconta di aver assistito al training di Simone e ci parla del classico esercizio che consiste nel dover colpire due palle lanciate contemporaneamente prima che superino la linea di fondo, un drill mirato a migliorare la velocità degli spostamenti. La sensazione è che l’emiliano ce la stia mettendo tutta per elevare il suo livello di gioco. Vedremo.
La televisione tende a livellare tutti, ma a Bergamo abbiamo visto da vicino le giocate strabilianti di Fabrice Santoro, uno che – al diciannovesimo anno da professionista, con 58 tornei dello Slam giocati, 4 titoli e oltre 400 match ATP vinti, best ranking di n.17 al mondo raggiunto nel 2001 dopo le Semi a Montreal, Davis Cup e Australian Open di doppio in bacheca – ha ancora voglia di cimentarsi in un Torneo Challenger, per recuperare qualche punto perso in occasione della più recente edizione degli Open d’Australia. Il francese è l’esempio vivente di come i tagli da sotto ed i colpi con velocità umane possano ancora funzionare nel power game a 99 ottani della nostra epoca. Visione di palla, concentrazione, grande preparazione fisica e massima imprevedibilità sono gli ingredienti della sua ricetta. Quando Santoro solleva la testa della racchetta ed effettua il movimento preparatorio per giocare il diritto slice a due mani, dalla medesima posizione potrebbe giocare: a) una smorzata; b) un lob; c) un rasoiata incrociata; d) un chop. E non crediate che sia un difensore puro. Serve bene (e soprattutto varia molto velocità e angolazioni del servizio) e ha degli ottimi colpi d’approccio e gioca delle volée a due mani tremendamente profonde ed efficaci. Prima della finale contro Bolelli, ci siamo divertiti ad esaminare i testa a testa del giocatore transalpino: vanta un record di 3-4 con Sampras, contro il quale ha vinto solo sulla terra; ha un 3-3 contro Andre Agassi (battuto a Indian Wells, Indianapolis e Amburgo), un 3-5 contro Goran Ivanisevic e un 2-2 contro Michael Chang. Se la mettiamo sul piano della resistenza alla fatica, Santoro ha vinto il match più lungo della storia del tennis: French Open, 2004, primo turno contro il connazionale Arnaud Clement (un altro straordinario maratoneta), vittoria 16 a 14 al quinto dopo 6 ore e 33 minuti di gioco. Secondo voi, questo giocatore può, con tutto il rispetto dovuto ai giovani emergenti, perdere da Bolelli o da Gulbis?

3 comments:

Anonymous said...

A quando un bel post dei tuoi su alessio di mauro??
Dapatas

Anonymous said...

MA CHE FINE HAI FATTO PEM?
TROPPO LAVORO?

Michael_Pemulis said...

chiedo scusa a tutti per il mancato aggiornamento del blog. e' che non sono in Italia, sto viaggiando molto in questo periodo. bloggare e' un casino. continuate a leggermi su lasettimanasportiva.it
A presto. Pem

Terza di Copertina.

"Cementi di Gloria" è l'opera prima di Paolo Ricaldi, aka Mr. Pemulis, che nell'estate 2007 ha girato in lungo e largo i tornei di preparazione agli Us Open - il c.d. minicircuito chiamato Us Open Series - è tornato sano e salvo, anche se un po' intossicato di Tennis, e ci ha raccontato quanto visto, sentito e percepito nel Nuovo Mondo.
In questo reportage, che è un viaggio picaresco nel nordamerica, intorno al "vuoto" dello showbiz, l'autore alterna con grande potenza espressiva cronache sportive esilaranti, pagine di letteratura minimalista, storie surreali, incubi metropolitani abitati da personaggi dai nomi improbabili e aneddoti irresistibili; e lo fa utilizzando una vasta gamma di registri, che vanno dal comico al noir. Ne risulta un inno sghembo al tennis e alla vita in generale, che fa' di Ricaldi, la "next big thing" del panorama letterario mediterraneo.