Wednesday, October 31, 2007

I Best 18: in viaggio tra fenomeni e palline democratiche

“Questo ragazzo farà strada...Suo figlio è un fenomeno...La ragazza avrà un futuro di successo, regalerà tante soddisfazioni a voi genitori e al nostro Paese”. Sono le espressioni abusate, luoghi comuni logorati dall’abuso, cui si fa ricorso non solo nell’ambiente tennistico, ma anche a scuola, nel mondo dello spettacolo, in ogni ambito in cui esista un minimo di competizione finalizzata a carriera, soldi e successo.
Il tennis ha un vantaggio, rispetto ad altri ambiti: quello insito nella “democrazia della pallina”. Si perchè nel 99,9% dei casi vince il più forte o il più meritevole in una situazione specifica. Nel tennis non ci sono raccomandati, baronati o quarti di nobiltà e se qualcuno, privo di talento, viene spinto da federazioni o accademie private, rimedia prevalentemente figuracce. L’unica variabile “politica” è la scelta, operata dai centri di (sotto)potere, del giovane su cui investire. E non è poco, ma è sempre meglio del mondo dello spettacolo o del terziario c.d. avanzato, dove qualità o eccellenza sono spesso un optional scomodo da gestire, talvolta non gradito da capetti ottusi e servili.
Il tennis è democratico, dicevamo, ma il rovescio della medaglia è che la soglia di eccellenza si innalza di giorno in giorno. Per poter competere a livelli alti, i ragazzi vengono avviati alla pratica dello sport in età da scuola materna, alla fine emergono i “mostri” di coordinazione, di “fantasia motoria”, giovanissimi con motivazioni e disciplina da campione affermato e, sempre più spesso, dotati di mezzi fisici adeguati per sostenere le fatiche e lo stress del junior tour. Adolescenti-Macchina? Non esageriamo, ma le aberrazioni esistono, eccome se esistono.
In questo nostro viaggio metafisico alla scoperta dei ragazzi più interessanti del “reame”, abbiamo provato a scovare chi sta emergendo dal “wild bunch” agonistico internazionale, chi sta uscendo dai blocchi per spiccare il volo nel Gotha del tennis giovanile e non solo. La nostra attività di scouting ha prodotto una watch-list di diciotto talentini che noi “raccomandiamo” in prospettiva 2008. Siamo convinti che tra loro vi sia il futuro numero uno.
I “best 18”, pertanto, sono tutti nati in un range temporale compreso tra il 19 gennaio 1991 e il 14 maggio 1993 (28 mesi). Nove sono del ’91, sei del ’92 e tre del ’93.
La invincibile armada del 1991 è capitanata da Petra Martic, la giraffa di Spalato, e da Rhyne Williams, “the next big star”, l’erede designato di Donald Young. Petra e Rhyne sono fisicamente già pronti per i tornei pro e lo hanno ampiamente dimostrato nel corso della stagione: l’americano vincendo un 10mila sulla terra, a Pittsburgh in luglio, e la croata, attualmente n.340 del ranking Wta, con una continuità di rendimento nei tornei da 25mila in sù, che le ha permesso di portare a casa scalpi di avversarie molto vicine alle Top 100 come Greta Arn, Angelika Bachmann e Sandra Zahlavova. Rhyne e Petra, rispetto alla concorrenza, hanno dalla loro un buon servizio, che è a livello junior è un atout, soprattutto in campo femminile. Se andate a rileggere l’intervista a Tammy Hendler – pubblicata lo scorso aprile – la sud-afro-belga ha spiegato candidamente i motivi della stesa rimediata contro la Martic a Miami (Luxilon Cup 2007), affermando che “c’e’ poco da fare quando la mia avversaria mette in campo 8 prime su 10, e il servizio è la parte migliore del suo gioco. E’ stato molto difficile per me entrare nel match, lei è partita subito forte e non ha avuto cali nel corso del match. A volte va cosi’, bisogna saper accettare le sconfitte”. E se le dice la Hendler...
Oltre a Williams e Martic, il contingente del 1991 comprende: il bulgaro Grigor Dimitrov e il croato Marin Draganja; la polacca Katarzyna Piter e la rumena Simona Halep; tre americane molto promettenti come Gail Brodsky, Julia Boserup e Allie Will. Dimitrov (vincitore dell’Orange Bowl U-16 2006) e Draganja (finalista dell’Avvenire nel 2007) sono due ragazzi di indiscutibile talento, che giocano un tennis aggressivo; di Dimitrov apprezziamo la freddezza e lucidità nei punti importanti; Draganja è più spregiudicato ma ha una mano eccellente. Tra le ragazze Simona Halep è un autentico rullo compressore, sulla terra è un torello che non molla un punto, con un furore agonistico impressionante e un’intensità di gioco da tennista matura. L’abbiamo vista a Firenze, in primavera, macinare gioco e triturare le avversarie; a Parigi ha battuto la Anastasia Pivovarova; a Flushing Meadows ha annichilito Michelle Larcher De Brito. Di recente ha avuto qualche problema alla caviglia sinistra; speriamo che Simona recuperi al più presto, per poter giocare un gran torneo a Melbourne in gennaio. Con riguardo al terzetto americano, Gail Brodsky sembra la più pronta a compiere il salto di qualità: ucraina di nascita, newyorkese – di Brooklyn - d’adozione, Gail si allena da anni, insieme a Grigor Dimitrov (e a Ksenia Milevskaya), presso la Mark Weil Tennis Academy, a Ojai, nel Sud della California. Grazie al suo tennis aggressivo e alla straordinaria capacità di stare aggrappata al match anche quando le cose non funzionano alla grande (qualità, quest’ultima, da non sottovalutare per un junior), quest’anno ha messo le mani sulla Easter Bowl – che per gli americani vuol dire tanto – ha raggiunto i Quarti a Wimbledon e ha portato a casa diverse partite nei tornei pro (una su tutte: la vittoria contro Sandra Kloesel che gli ha permesso di approdare in Semi nel 50mila di Troy, in Alabama).
La leva del ’92 non è da meno, con quattro ragazzi eccellenti - Bernard Tomic, Giacomo Miccini, Ryan Harrison e Tamaryn Hendler – e due scommesse - Ema Burgic e Nastassja Burnett. Assegnamo a Bernard Tomic il ruolo del wonder boy e a Giacomo quello di outsider di lusso. Gli austrialiani scalpitavano da un po’ per incoronare al più presto l’erede di Lleyton Hewitt ed hanno investito per acclamazione popolare il prodigio di Gold Coast. Bernard ha una tecnica pazzesca, un gioco multi-dimensionale e una grande capacità di lettura dello scambio; gli mancano forse il peso di palla (di Giacomo Miccini) e il servizio (di Giacomo Miccini). L’interrogativo è: nel tennis maschile, che da anni procede nella direzione del “big serve and huge forehand”, c’e’ più spazio per gente come Tomic o come Giacomo? La riposta, come sempre, la da e la darà il rettangolo. E il rettangolo ci dice che a New York Giacomo ha rifilato un sonante 6-4 6-2 al golden boy della scuderia Img, ma rivalry tra i due è appena all’inizio, siamo ansiosi di rivederli giocare l’uno contro l’altro. Un altro ottimo tennista è Ryan Harrison, texano, fuori dal giro Img, allenato dal padre Pat Harrison che è uno dei coach più preparati del John Newcombe Tennis Ranch. Il ragazzo due settimane fa ha messo le mani sulla Osaka Mayor's Cup (Torneo GA dei circuito Ift U-18). Tenetelo d’occhio. Su Tammy Hendler, di nuovo c’e’ che la settimana scorsa ha raggiunto i Quarti nel 25mila di Istanbul. Dal punto di vista tecnico, Tammy è perfetta o quasi nei colpi a rimbalzo, dove colpisce con un anticipo pazzesco, la sua definitiva affermazione a livelli alti passa attraverso la crescita dal punto di vista fisico (e su questo il team di Bollettieri sta lavorando da un po’) e la costruzione di un servizio meno aggredibile (e su questo il team di Bollettieri sta lavorando da un po’). Altrimenti, continuerà a non esserci match – non ancora – contro gente come Ula Radwanska e Ksenia Milevskaya. Sulla bosniaca Ema Burgic, ritieniamo che abbia un qualcosa in più rispetto a Camila Silva e Sviatlana Pirazhenka, ma la differenza è minima, quasi impercettibile. Quanto a Nastassja Burnett, i suoi atout al momento sono il rovescio e l’ottima preparazione fisica. Nastassja è un atleta, una Schiavone con ben altro fisico, con tutto il rispetto per Francesca. Se farà progressi al servizio, sarà dangerous floater in molti tornei nel 2008.
Infine, la gang dei ragazzi “terribili” del 1993: Carlos Boluda, Hanna Orlik e Kristina Mladenovic. Forse qualcuno di voi ha visto giocare l’alicantino (come Juan Carlos Ferrero) Boluda: bam-bam, intensità, potenza e anticipi impressionanti. Un nuovo Agassi, più che un epigono di Rafa. Lo stesso Zio Toni (Nadal) si è complimentato con Carlos ed ha ammesso che Rafa a 14 anni era molto più artigianale e sapeva fare meno cose. Boluda ringrazia e replica: Rafa ha vinto tre volte il Roland Garros, io cosa ho vinto finora? La bielorussa Orlik, 14 anni compiuti nel marzo scorso, è talento allo stato puro, con quelle accelerazioni di diritto da brividi e – sottolineo – un servizio che non è affatto male, considerata l’età. La vincitrice dell’Eddie Herr e Orange Bowl U-14 nello stesso anno (il 2006), si è già costruita una classifica Itf, che è pazzesca per una quattordicenne (il 29 ottobre è n.67 del ranking), a suon di vittorie nei tornei G3 e G2. Siamo più o meno sui livelli di Tamira Paszek a 14 anni, con una superiorità dal punto di vista fisico/atletico rispetto all’allieva di Larry Passos. Una curiosità: nel gennaio scorso, sul carpet del Casio Itf Junior Tournament di Amburgo, la Burnett ha strappato un set alla bielorussa. La più giovane dei nostri “best 18” è la francese Kristina Mladenovic, un’autentica forza della natura, 182 cm di altezza x 60 kg a 14 anni, palla pesante e servizio robusto. Kristina – che è un mix quasi perfetto tra Mary Pierce e Nicole Vaidisova – ha già vinto la sua prima partita tra i pro nel 10mila di Clermond-Ferrand, in Francia. Qualcuno di voi può averla vista all’opera l’estate scorsa a San Remo, in occasione della Summer Cup. Il suo staff ha annunciato la partecipazione di Kristina alle prossime edizioni di Eddie Herr e Orange Bowl, in programma rispettivamente l’ultima settimana di novembre e la prima di dicembre. Ne vedremo delle belle.

1 comment:

Anonymous said...

Tenere al'ochhio anche il rumeno Porumb! Forse lui e il numero 19 :)

Auguri da Romania!

Terza di Copertina.

"Cementi di Gloria" è l'opera prima di Paolo Ricaldi, aka Mr. Pemulis, che nell'estate 2007 ha girato in lungo e largo i tornei di preparazione agli Us Open - il c.d. minicircuito chiamato Us Open Series - è tornato sano e salvo, anche se un po' intossicato di Tennis, e ci ha raccontato quanto visto, sentito e percepito nel Nuovo Mondo.
In questo reportage, che è un viaggio picaresco nel nordamerica, intorno al "vuoto" dello showbiz, l'autore alterna con grande potenza espressiva cronache sportive esilaranti, pagine di letteratura minimalista, storie surreali, incubi metropolitani abitati da personaggi dai nomi improbabili e aneddoti irresistibili; e lo fa utilizzando una vasta gamma di registri, che vanno dal comico al noir. Ne risulta un inno sghembo al tennis e alla vita in generale, che fa' di Ricaldi, la "next big thing" del panorama letterario mediterraneo.