Caro Nick,
ti scrivo questa lettera, poiché ti considero, al tempo stesso, il mio Santa Claus preferito ed un taumaturgo semi-infallibile. Non fraintendere le mie parole, è ben lungi da me la minima intenzione di mancare di rispetto. Vorrei soltanto scomodare il più grande conoscitore di tennis di tutti i tempi per quella che in molti considerano una ‘mission impossible’.
Ho sempre pensato che fosse molto difficile spiegare con pochi termini la tua attività e l’importanza del ruolo che ricopri nel sancta sanctorum del tennis mondiale. Un coach? Un advisor? Un guru? Un grande motivatore? Uno psicologo stratega? Sono tutti termini logori che dicono francamente poco. Provero’ a sbilanciarmi, non me ne vogliano i tuoi colleghi, ma credo che tu sia la quintessenza del tennis moderno, vale a dire un concentrato di: dinamismo, energia, disciplina ai limiti dello spirito di sacrificio, forza esplosiva e reattiva, comprensione del gioco e pensiero strategico, livello di fiducia, determinazione, capacità di concentrazione e di gestione delle emozioni. Tutte qualità rivelatrici di una personalita’ geniale, il cui estro è da decenni a disposizione degli atleti in cerca di affermazione.
Ebbene, dove eravamo rimasti? Stavo forse per formalizzare la mia richiesta del miracolo? Santo cielo Nick, mi scuso per aver perso il filo, forse avrai già capito che la narrazione lineare non è il mio forte: ogni mio periodo di solito richiama nuove digressioni, che a loro volta rimandano ad ulteriori divagazioni, in modo tale che non riuscirei mai a chiederti quello che ho da chiedere, se assecondassi la mia natura contorta e inconcludente. Questa volta, però, voglio sforzarmi, mi impegnerò per mostrare a quanti si degneranno di leggere questa lettera aperta, come sono agile e rapido quando faccio sul serio. Mi chiamo Michael Pemulis, dunque. Ho 36 anni e sono alto un metro e ottandue. La mia corporatura media presenta i segni di una muscolatura affievolita, tipica dell’atleta a riposo. Il mio aspetto è quello che immagino avrà Robbi Ginepri, il tennista, quando arriverà a 36 anni. Il paragone non va inteso come un elogio a me stesso. Si tratta di una mera constatazione di fatto. Sono il tipico ragazzone italiano, figlio di baby boomers della provincia lombarda, tirato su a bistecche e vitamine, zero ormoni della crescita, zero anabolizzanti. A dire il vero non me la passo male; ho un lavoro che mi fa guadagnare quanto desidero, non mi impegna piu’ di tanto e mi permette di pagare il mutuo acceso per acquistare la casa in cui vivo. Sebbene il lavoro sia indispensabile, per me la carriera non è più importante di tante altre cose, come: fotografare Milano, conversare amabilmente con persone gradevoli, scrivere questa lettera, giocare a tennis e acquistare racchette da tennis. Diosolosa quante racchette mi sono state vendute negli ultimi dieci anni: 30, 40, forse 50. Ho speso tanti di quei quattrini che per consolarmi a volte mi compiaccio al pensiero di esser diventato il target ideale della maggior parte di produttori di racchette. La cosa ha un risvolto tragicomico, ma lasciamo perdere. E torniamo sul pezzo, sulla lettera cioè, mirando all’essenzialità.
Mi manca un’ultima puntualizzazione e poi potrò, finalmente, formulare la richiesta del miracolo. Pur vivendo per il tennis, non sono e non sarò mai un facinoroso. Non ho idoli, non credo di aver mai idealizzato alcun protagonista della scena, di quello che io chiamo lo “show”. Certo, ho anch’io le mie preferenze, ma esse sono assolutamente bizzarre, poggiando su criteri poco razionali e spesso contraddittori. Un solo esempio per chiarire: mi piace Ginepri per ché lo considero un bravo ragazzo; adoro Tommaso Haas perchè lo vedo come un bad boy. E, per di più, non sono campanilista-italiota. Sarà retorico, ma in piena era della globalizzazione mi sento cittadino del mondo non mi dispero se all’italico stivale manchi un top 10 da trentanni.
E’ incredibile. Quest'ultima premessa mi ha permesso di venire al punto. Il tema è quello dei giocatori d’indiscusso talento che faticano ad emergere nel circuito, cui una gran “mano” non basta per abbattere la muraglia cinese che li separa dai campioni affermati. E passano una vita parcheggiati nel limbo degli onesti mestieranti della racchetta, una categoria che fa a pugni con il talento. E qui entrano in gioco Pemulis che chiede a te Nick qualcosa di simile ad un tocco divino: fare di Xavier Malisse, per gli amici X-Man, un Top 10. Sei saltato su’ dalla poltrona in cui siedi o sei esploso in una fragorosa risata? Se sei ancora lì, aggiungo che il mio sogno sarebbe quello di vedere X-Man al Masters di Shangai edizione 2007. Con Tommaso Haas l’impresa è quasi riuscita. Con X mi sento che puoi farcela. In giro ho sentito affermare che lo consideri uno scansafatiche con il cervello di un dodicenne, quello con la peggiore attitudine tra i tennisti in attività. Ma non ho mai voluto credere a queste voci. Ti avrà fatto incavolare di brutto piu’ di una volta, ma io credo che tu abbia stima di X. Ho definito questa missione un miracolo, poiché finora con l’ex enfant prodige di Kortrijk hanno fallito il fior fior dei coach: David Felgate, Dean Goldfine e Craig Kardon, tanto per fare qualche nome. E di recente ho letto da qualche parte che David (Felgate) e X si siano ritrovati e abbiano deciso di lavorare insieme nel 2007, anzi se non erro X è sotto la guida dell’ex coach di Henman a partire dall’ottobre scorso. Personalmente non credo nei ritorni di fiamma, ma credo nei miracoli. Quindi c’e’ spazio per il tuo intervento. Non puoi negare che la proposta non sia allettante, urge far qualcosa al più presto. Non per assecondare i miei desiderata (cosa vuoi che conti io), né per far contento X-Man (siamo sicuri che aspiri realmente ad entrare nei Top 10?), ma per render giustizia alla voce “Talento” dell’enciclopedia del tennis, un talento troppo spesso tacciato di indolenza. E anche per il bene del Tennis, perchè X-Man nelle sue giornate migliori è un grande spot del nostro sport. Hai presente quel moccioso che a 17 anni giunse a due punti dal match contro Pete S. a Philadelphia? Sono passati circa otto anni da quella partita, il moccioso è un po’ imbolsito ma la sua capacità di reazione motoria, la sua facilita’ di gioco, la sua velocità di esecuzione dei colpi non sono affatto sfiorite. Lo avrai senz’altro visto quest’estate, a Toronto, giocare un match alla pari contro “Re Leone” Federer. Non dirmi che ti sei perso quel match. Quando penso a X penso ad una tecnica sopraffina nei colpi a rimbalzo, non mi vengono in mente la birra e le sigarette. Ho rimosso persino i tempi di Saddlebrook, nel 2000 mi pare, quelli del tragico (sportivamente parlando) flirt con Jen Jen Capriati. Faccio fatica anche a ricordare episodi piu’ recenti, come l’accesso d’ira dello scorso anno a Miami. Quando vedo la clip che ha immortalato lo scatto parossistico di X che spacca la racchetta in quel modo, che sbraita e prende a calci la sedia (non potendo prendere a calci la pingue giudice di linea), penso ad una scena tratta da un film di Quentin Tarantino, ad un inserto di cinema hard-boiled nel patinato mondo del tennis. A mio avviso X-Man era e resta “oro a 24 carati”, un cavallo di razza, che recentemente ha anche tagliato la coda più sexy del circuito. E se non sbaglio il tuo mestiere è quello di fare di un “genio ribelle” un campione. Perciò, fai la cosa giusta, ti imploro, metti da parte l’orgoglio e solleva la cornetta del tuo telefono. Se non vuoi chiamare direttamente X, puoi chiamare suo fratello Olivier, un ragazzo con la testa sulle spalle, che inizialmente potra’ fare da interfaccia tra di voi. Come recita lo spot dell’Adidas, “Impossible is nothing”, nemmeno trainare un bus con la schiena. Figurati quando si tratta di render giustizia al talento.
Friday, November 24, 2006
Lettera aperta a Nick Bollettieri, con richiesta del Miracolo.
Pubblicato da Michael_Pemulis alle 2:33 PM
Etichette: Stranger Than Fiction
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Terza di Copertina.
"Cementi di Gloria" è l'opera prima di Paolo Ricaldi, aka Mr. Pemulis, che nell'estate 2007 ha girato in lungo e largo i tornei di preparazione agli Us Open - il c.d. minicircuito chiamato Us Open Series - è tornato sano e salvo, anche se un po' intossicato di Tennis, e ci ha raccontato quanto visto, sentito e percepito nel Nuovo Mondo.
In questo reportage, che è un viaggio picaresco nel nordamerica, intorno al "vuoto" dello showbiz, l'autore alterna con grande potenza espressiva cronache sportive esilaranti, pagine di letteratura minimalista, storie surreali, incubi metropolitani abitati da personaggi dai nomi improbabili e aneddoti irresistibili; e lo fa utilizzando una vasta gamma di registri, che vanno dal comico al noir. Ne risulta un inno sghembo al tennis e alla vita in generale, che fa' di Ricaldi, la "next big thing" del panorama letterario mediterraneo.
In questo reportage, che è un viaggio picaresco nel nordamerica, intorno al "vuoto" dello showbiz, l'autore alterna con grande potenza espressiva cronache sportive esilaranti, pagine di letteratura minimalista, storie surreali, incubi metropolitani abitati da personaggi dai nomi improbabili e aneddoti irresistibili; e lo fa utilizzando una vasta gamma di registri, che vanno dal comico al noir. Ne risulta un inno sghembo al tennis e alla vita in generale, che fa' di Ricaldi, la "next big thing" del panorama letterario mediterraneo.
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